martedì 28 settembre 2010

Alice nel Paese delle Meraviglie


Con molto ritardo rispetto al mio ultimo post (quasi 2 anni madò...) e la voglia di ricominciare a recensire, ecco Alice nel Paese delle Meraviglie, anche questa un po' in ritardo sull'uscita del film.
A breve "L'Ultimo Dominatore dell'Aria" e "Inception"

Buona Lettura!

Ah si Grazie a Keri per la correzione dei miei deliranti sproloqui :*



Alice in Wonderland Tim Burton



In “Alice in Wonderland”, non c’è n’è Alice né il Wonderland.

Questo è l’assunto da cui bisogna partire per parlare del film di Tim Burton, atteso dai suoi fan (e da molti altri) e carico dell’aspettativa che un’unione così estrema prometteva di portare sugli schermi.

Uno dei registi con il gusto più visionario per le immagini che si conosca, a confronto con il romanzo più immaginifico della letteratura della seconda metà del 1800.

Ma tutti questi voli pindarici non servono a nulla.

Perché come premesso questa non è la storia di Alice.

Andiamo con ordine, il film parte “altrove” rispetto al libro, ma va bene. Si sa che l’adattamento cinematografico deve distaccarsi dal libro per una questione di “linguaggio” e quindi il peccato è veniale.

Di fatto il punto di vista che Burton ci offre all’inizio è interessante, dipingendo un’Alice sognatrice, distaccata e _ovviamente_ Dark.

Ecco dite a Burton che abbiamo capito.

Abbiamo capito che è un Dark, abbiamo capito che gli piacciono le cose di morti e pallore.

E abbiamo anche capito che gli piace Johnny Depp (l’attrice che fa Alice è truccata _esattamente_ come Johnny Depp in “Edward Mani di Forbice”).

Diteglielo così si mette l’anima in pace, e magari sforna qualcosa di originale per una volta.

Il dramma (dello spettatore) si insinua quando durante il prologo alla “caduta nel buco senza fondo” offre caratteri “didascalici”. Le gemelle vestite a strisce, il bruco sulla spalla del rampollo, le rose che andrebbero dipinte. E qui la bestia inizia ad arrampicartisi sulla spalla e la nausea a pizzicarti le froge del naso. Ma in fondo vuoi credere che siano omaggi, citazioni, non che Burton ceda alla tentazione della didascalia, pur sapendo che le citazioni di Alice nel film di Alice non possono che essere considerate o masturbazione o didascalia.

Alice precipita nella buca, e con lei ogni speranza di redenzione della pellicola.

Gli ultimi istanti che rimandano al libro scompaiono dallo schermo al decimo minuto, da li in poi si assiste allo show di Tim Burton e Johnny Depp.

Ed è questo che fa veramente incazzare.

Ho capito, finalmente quel’è il motivo dell’amore tra Burton e Depp.

Sono entrambi dei cannibali.

Non amo Johnny Depp, e non lo considero un attore. Con buona pace di tutti quelli che diranno “eeeeh ma dai jack Sparrow, eeehhhh ma hai visto Edward mani di Forbice ehhhhh”

Ehhh un cazzo.

Li ho visti e ribadisco “eeehh un cazzo”

Un attore è _al servizio_ del personaggio.

Si annulla nel personaggio, donandogli la forza vitale per esistere.

Penso al Robert De Niro di Toro Scatenato, o più recentemente al Gandalf di Ian McKellen.

Johnny Depp è _sempre_ Johnny Depp.

Jack Sparrow è Johnny Depp.

Edward è Johnny Depp.

Willy Wonka è Johnny Depp.

L’ego smisurato del personaggio (stavolta vero) Johnny Depp, straborda fuori dalla persona fino ad inglobare come un blob mortale ogni differente caratterizzazione di qualsivoglia personaggio, tingendo il tutto di una monocroma gradazione di occhi rivoltati, faccine buffe e corsette frociarelle.

Burton n questo film (e anche in Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato) ha fatto esattamente la stessa cosa.

Ha cannibalizzato il film, non “rileggendolo” ma schiavizzandone il concetto per ridurlo a materia plasmabile per i suoi visti e rivisti deliri gotich/dark, che sinceramente, parafrasando una mia cara amica genovese “hanno rotto il belino”.

Il film non è nient’altro che un pretesto per mettere in scena la (presunta) originalità di Burton.

I personaggi vengono completamente spogliati del loro significato e messi al servizio della visione del regista. La storia, per evitare di dover rendere conto ad un _vero_ visionario come Carroll viene buttata nel cesso, e il circo Burton ha inizio.

Se pensiamo che con i suoi Batman, il regista aveva dimostrato di saper gestire un personaggio esistente e di rileggerlo in maniera magistrale, qui per arroganza, o codardia, prende le distanze dall’esistente e si lancia in una reinvenzione di cui ci sentiamo di dire in tutta sincerità, non c’era bisogno.

“Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie” e il seguito “Oltre lo Specchio e quello che Alice vi trovò” sono due racconti in cui il fulcro lessicale e concettuale è il non-sense. Un viaggio fantastico in un mondo sregolato e lontano dai consueti stilemi narrativi. Lontano anni luce dalla razionalizzazione eroe/eroina antagonista coprotagonista. Insomma una storia che col ciclo di Props ci si pulisce il culo, e fieramente.

Mamma Disney non poteva permettere che ciò avvenisse, e quindi all’insegna del ‘fanculo la letteratura, reinventiamo! Alè facciamo cazzate! Dai! Abbiamo il 3d, abbiamo Johnny depp! ‘fanculo Carroll, pisciamo in testa a tutto e tutti, prendiamo il nonsense e…

Diamogli un sense.

Vorrei ripeterlo.

Diamogli un sense.

Ma vaffanculo và!

Quindi ecco che parte la banalizzazione Shrekkiana della trama.

No non è una parabola comica, il film è identico a Shrek, sarà per la resa, sarà per la trama, ma se togliamo per un attimo gli alberi arrotolati sullo sfondo, sembra davvero di vedere la classica fiaba fantasy che da un po’ ci viene propinata sugli schermi. Gli animali parlanti che nel concept originale trasmettevano l’alienazione della protagonista, qui diventano _insopportabili_ topi petulanti e conigli logorroici.

Ma io vorrei che sia chiaro, non difendo Carroll perché “ah il film è diverso dal libro chemmerda” come se fossi uno di quelli che si è dato fuoco in piazza perché Jackson non ha inserito Tom Bombadil nel suo Signore degli Anelli (scelta che ho accolto con ovazioni degne di un gol all’ 89” durante il derby).

Lo difendo perché il suo lavoro è stato completamente ignorato, sfruttato per il titolo furbescamente, e poi non solamente dimenticato (il che avrebbe preservato quantomeno i personaggi nell’immaginario popolare) no! Carroll è stato mutilato, truccato, schiavizzato ai desideri di un regista in crisi che ha spalmato la sua merda sulla tela rubata all’artista.

Il desiderio di “spiegare” il nonsense, permea ogni passo del film, basandosi su premesse (ovviamente) incoerenti con la caratterizzazione dei personaggi. Il risultato è un incontro tra la necessità di motivare l’immotivabile, tirando per i piedi personaggi che sono per loro natura inconsistenti.

Un po’ come se vedessimo un film su “I Promessi Sposi 2, Ritorno sul Lago di Como”, in cui si scopre che Lucia è una Ninja e Renzo un ex lanzichenecco in pensione.

Ci viene spiegato tutto, persino la ricetta della pozione che fa rimpicciolire (anche qui una, due , tre volte poi Tim hai rotto il cazzo.)

Perché?

Perché????

La cosa che pianta il chiodo nella bara è che la lettura di Burton, pur spogliata dalla semina di Carroll fa comunque cagare. Il tutto parte come un’apologia dell’evasione, della fuga dalla società chiusa, del valore della fantasia, dell’importanza di sognare.

E si conclude con Alice giovane magnate del commercio intercontinentale.

Lo ripeto

Alice, giovane Magnate del Commercio Intercontinentale.

Ma che cazzo è?

Frase che ho bisbigliato colto dallo sbigottimento per tutta la durata del film.

In sintesi, se volete vedere Burton e Depp che, urlando come due troiette in calore si provano i vestiti della mamma (Carroll) andate a vedere questo film, ma sappiate che Burton ha toccato il fondo.

Dimenticate tutto quello che sapevate di Alice perché davvero questo è un altro film.

Un film di merda.

3 commenti:

Unknown ha detto...

Direi che è perfettamente il linea con il mio pensiero. Ad un Brutto film si aggiunge la delusione di un luminare come Tim Burton (che evidentemente è ora che vada in pensione) e un ormai troppo noioso J. DeRp.

Telemaco ha detto...

Dovrebbe fare qualche passo indietro Tim, e ripartire da Big Fish. Aveva imboccato una strada piena di speranze.

erika ha detto...

io ero sinceramente in imbarazzo durante la "deliranza"(si chiamava così vero?!)hi hi che cacchiata